Viaggio in Sud Africa

Viaggio in Sud Africa

Dieci giorni fa ho preso l'aereo Heathrow - Addis Abeba - Cape Town per un 10 giorni in Sud Africa. Condivido con voi una cronologia di pensieri.

La linea aerea etiope di bandiera (sempre etiope) prepara i passeggeri a sbarcare ad Addis Abeba. Il Direttore Marketing della capitale, in un video trasmesso nella piccola televisione sullo schienale di fronte a me, ci tiene a farmi notare che la capitale è il posto giusto dove investire. "Invest in Ethiopia, invest in Addis Abeba". Nel video ho imparato che Addis Abeba è una metropoli. In che senso? È un centro turistico, "touristic centre": nel video si susseguono le immagini di un hotel che sembrava avere almeno dieci piani, un grosso edificio color bianco; “È una meta commerciale”, la città vanta un bel centro commerciale, anche questo bianco, ma sembrava avesse solo un piano; “Addis Ababa is the African capital of technology” infatti il video mostra un sacco di pannelli solari in uno spiazzo. Se avete intenzione di visitare l’Africa, Addis Abeba sembra il posto giusto per fare affari.

Ad Addis Abeba non posso fare a meno di notare la bellezza delle ragazze etiopi. Tratti somatici completamente nuovi per me: occhi persiani, carnagione color caramello chiaro, labbra rosse e carnose, viso tondo, molto magre e di media statura, estremamente eleganti. Nota per me: trovare l'indirizzo mail del direttore marketing addis abeba, ho un'idea per il suo video.

Una volta a Cape Town affittiamo una macchina e ci dirigiamo, terrorizzati, verso l'hotel. Cape Town è un città pericolosa, con uno dei più alti tassi di omicidi al mondo. Metà della città, compreso il centro, è considerata un ghetto dove è meglio non entrare. Protetti da sportelli e finestrini passiamo per queste aree in macchina. Osservo fuori e vedo uomini di colore che vivono la loro vita nella maniera più normale possibile. È proprio dietro a quella normalità, però, che si cela il crimine, o almeno così cerco di giustificare la mia premura nel controllare che lo sportello sia chiuso. Ma prendo coraggio e continuo a guardare fuori, il mio sguardo investigatore deve proseguire la ricerca: è una questione di etica professionale; devo continuare a fare il reporter o non vincerò mai l'ambito premio Lilli Gruber.

Avvicinandoci all’hotel, la zona cambia “vibe.” La gente è bianca. Da questo momento in poi noto una sorta di apartheid moderno, reminiscente dei film americani a tema di fine ‘800. La persona a capo è bianca, la persona sotto il capo è nera. Ovunque. All’hotel, il manager è bianco; alla reception e nelle pulizie, le persone sono nere. Nelle vinerie i capi sono bianchi, i camerieri neri. Sulla barca, il capitano è bianco, il mozzo è nero. Nel safari la guida è bianca, il tracker (uomo posto su un seggiolino sul paraurti frontale che dovrebbe identificare per primo gli animali e indicarli alla guida al volante) è nero. Provenendo da Londra, dove ci sentiamo tanto cosmopoliti, questa assegnazione dei ruoli per colore mi ha generato una certa curiosità che, per il mio imbarazzo e incapacità comunicativa, non sono riuscito a chiarire.

Passiamo giornate a bere vino buonissimo tra i vigneti di Stellenbosch, gradisco il dolce e fresco Sauvignon e delle ottime bistecche al sangue di bestie locali.

Andiamo al Capo di Buona Speranza, che prevede un bellissimo tragitto in macchina di due ore lungo la costa che si affaccia dove l’oceano Indiano abbraccia l’oceano Atlantico. La cosa che mi ha stupito di più in questa giornata immersa nella natura ben preservata della costa sudafricana è quanto sia simile alla costa mediterranea. La vegetazione è praticamente identica, i costoni granitici sono praticamente gli stessi; mai mi sono sentito così a casa a tanti chilometri di distanza da camera mia.

Abbiamo prenotato una giornata di pesca su una barca per tonni e marlin. Non è stagione di pesca né per i tonni né per i marlin. Ma a me “non è stagione” non lo dici. Così, dopo aver pagato una cifra astronomica per queste otto ore di navigazione e nausea (soffro il mal di mare), lasciamo Hout Bay e ci dirigiamo verso una zona a 20 miglia dalla costa chiamata il Canyon, dove la profondità passa da 50 metri a 300 metri in pochi metri. Usciamo dal porto con zero nodi di vento e una speranza di mare piatto. Speranza infranta nei primi minuti di viaggio: nell’oceano le maree ci garantiscono onde di 5-10 metri anche in assenza di vento. Peschiamo subito due tonni pinne lunghe di una dozzina di chili e passiamo le successive 7 ore a dormire aspettando che il capitano trovi qualche altro banco di tonni rossi, tonni generalmente più grandi, più pregiati e più divertenti da pescare. Non ne trova. Tristi, torniamo verso il porto fino a che, a 5 miglia dalla costa, succede un miracolo. Vediamo, a 300 metri dalla barca, una mangianza: un grosso stormo di uccelli che volavano in cerchio e si tuffavano in acqua. Pensavo tra me e me, “eh sti c…”. Invece mi spiegano che quello era il segno che cercavamo: dove mangiano gli uccelli, si pesca. Il capitano stronca ogni speranza sul nascere dicendoci che eravamo troppo vicini alla costa perché potessero essere tonni, probabilmente era solo un banco di acciughe. Ci avviciniamo alla mangianza e scopriamo l’Eden marino, il paradiso oceanico, il terno al lotto degli animatori marini: sotto quello stormo di uccelli, un centinaio di foche nuotavano e giocavano, una ventina di delfini saltavano, due balene spinneggiavano. Mancavano solo la sirenetta, l’unicorno e la marmotta del cioccolato. Ma vaffanculo ai tonni, a quella rottura di cazzo della pesca, a quello stronzo del capitano, ho visto le balene! Con i delfini che saltavano! Le foche che applaudivano! Pazzesco.

Basta Cape Town, direzione Kruger National Park per safari e bestie. Alloggiamo a Sabi Sand, una riserva privata, che, secondo la mia ricerca, dovrebbe essere uno dei posti migliori per quantità di animali. Sembra essere vero: incontriamo subito e ripetutamente leoni e leopardi, animali teoricamente difficili da trovare. Due caratteristiche che rendono questo parco un’ottima meta (seppur più costosa) rispetto alle altre zone sono: UNO, gli animali vengono monitorati singolarmente e alcune specie sono abituate sin dalla nascita alla presenza delle macchine dei ranger, così che non abbiano paura, non attacchino e si trovino a loro agio in prossimità di esse; DUE, il numero di visitatori è altamente limitato, ed è molto raro avere più di due macchine davanti a un’attrazione. Attrazione può essere una famiglia di leoni che si ciba sulla carcassa di un elefante. È stata un'esperienza bellissima che mi ha riconciliato con l’idea del safari: sono ancora memore di un safari in Sri Lanka e uno in India dove passammo 6 ore in macchina con partenza alle 4 per vedere per 10 minuti dei poveri elefanti che mangiavano l’erba dagli alberi e 5 ore e 50 minuti di attesa seduti al freddo sperando di vedere una tigre che non si è mai presentata. Vaffanculo a Sandokan e a tutto lo Sri Lanka.

Posto di una bellezza unica, questo Sud Africa. Si capisce l’interesse nel colonizzarlo.

Esistono dei luoghi e dei viaggi che ti cambiano. La natura che ho visto credo mi lascerà un segno. Ho sentito, però, la mancanza del contatto umano, della cultura del posto. Credo che quella soffra ancora della presenza dei bruttissimi coloni olandesi (omaccioni alti dalla carnagione chiara, grassi e con le guance rosse da alcool, come Boris Johnson). Si parlano 11 lingue, producono dell'ottima musica e esistono ancora persone che vivono nella boscaglia, i "bush man", ma l'interazione purtroppo è molto limitata.

È un posto dove tornerò presto? Non credo. Mi son fatto un'idea e ho altre priorità.

Vi scrivo da un lodge che ricorda la prima stagione di White Lotus, sorseggiando dello sherry e ascoltando del jazz sudafricano. Che schifo che mi faccio. Domani si torna a Cape Town, poi Addis Abeba e infine Londra. Alla prossima.

Invest in Addis Abeba
Il tracker
Il gentilissimo mozzo
Bestie

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