La sinistra è morta, viva la sinistra
In questo presente sfilacciato - che è l'alba di un futuro polverizzato – l'Io minimo di cui parlava nel 1987 il sociologo Christopher Lasch si impone alla sua massima potenza. «Con l’accentuarsi della percezione dello sradicamento – scrive Lasch - l’Io si contrae, si riduce a un nucleo difensivo armato contro le avversità», «un’individualità che non è né “sovrana” né “narcisistica”, bensì assediata» da cui “la deificazione della mera sopravvivenza”, citando il filosofo americano William James. Il bene comune perde la sua centralità perché ognuno ha da difendere il proprio di bene in questi tempi difficili.
Le piazze in qualche modo lo dimostrano: non poche le istanze che si mischiano fino a pasticciarsi, a non comprendere più il senso della protesta. E allora, per esempio, nella marea viola della manifestazione di ottobre promossa dal collettivo “Non una di meno” è possibile trovare animalisti e animaliste che mettono in competizione il valore della vita di una donna con quello di una mucca, striscioni ambientalisti, bandiere palestinesi. L'intersezionalità, così la chiamano quelli bravi, è l'etichetta che legittima la confusione. Quando si dice che “le parole sono importanti”. Certo è sillogistico, si parla di una sovraestesa oppressione, ma alla fine è evidente sia una forzatura ideologica proprio quando l'ideologia è morta (e le idee sono finite) e si pensa solo alla sopravvivenza di sé stessi però tutti insieme. In questo senso un po' narcisistico lo è, questo “Io minimo”, e lo dimostra anche il fatto che si aderisce a un movimento tanto per sentirsi vivi, per essere visti, perché se te ne stai lì in un angolo a guardare gli altri, finisce che poi gli altri non guardano te. Ed è lo sguardo che legittima un'esistenza e gli conferisce valore: di un gruppo, di un amico, di un capo.
Questo è il meccanismo della sinistra narcisista: persa “la classe operaia” che vota tutta a destra, persa per miopia la rivoluzione del proletariato, oggi capisce che tocca trovare una nuova ragion d'essere per non sparire – anzi, per sopravvivere – e allora si fa asso piglia tutto con le istanze green e i diritti civili – anche questi legittimi ma legittimamente confusi. Come osserva Giovanni Cominelli, fioriscono gli “energumeni del nuovo” di crociana memoria. Energumeni anemici, però, pallidi e canuti con l'alito pesante da alimentazione controllata, con le pallina di saliva bianca angli angoli della bocca che cercano le forze per riappropriarsi di un concetto appena sottrattogli dalla destra muscolare e arrabbiata – l'Io assediato e minacciato che reagisce e ha bisogno di confini da difendere ed entro cui difendersi e che, in qualche modo, ha un'idea. Energumeni di argilla, che si appigliano con tutte le forze residue al significante del passato – una bandiera, uno slogan, un concetto - che però avrebbe già dovuto insegnare tutto ed è stato forzosamente svuotato dei suoi significati intrinsechi.
Va benissimo il green, vanno benissimo i diritti civili, ma questi non sono altro che il passaggio successivo a una propedeutica saltata a piè pari e che pure i grulli della sopravvivenza non ignorano. Lo sappiamo tutti, noi “Io minimi”, che così è solo mettere un cerotto su una ferita aperta e purulenta, ma tutto sommato conviene alla nostra sopravvivenza psichica avere un nemico contro cui puntare il dito. Non abbiamo il coraggio di ammettere che il nostro genitore politico è morto – o meglio, non abbiamo il coraggio di ammazzarlo, di emanciparci, di diventare adulti a nostra volta. E allora procediamo in questa coazione a ripetere – come i personaggi dell'opera di Puccini, emblematici in questo senso, eterni sconfitti della Storia.