La politica in gita di seconda media

La politica in gita di seconda media

Di Elettra Raffaela Melucci, per concessione de "Il Diario Del Lavoro"

Ancora un altro spunto di conversazione per le nostre serate estive con gli amici. Disclaimer: si consiglia di adoperarlo per l’aperitivo o il dopocena, comunque lontano dalle ore più calde. Si consiglia, altresì, di idratarsi bene prima-durante-dopo lo scambio per prevenire risate soffocanti o accessi d’ira improvvisi o anche abbassamenti di pressione dovuti allo sconforto.

Nel merito: il topic proviene dal sempreverde ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, non per una sua gaffe, ma per quelle degli altri che saranno raccolte in un libro a firma sua. Dice in un’intervista al quotidiano Il Foglio (che sta diventando un po’ il suo diario, accontentando con questo revival di cancelleria anche il collega Valditara): “Ho tante fonti nei giornalisti e nelle redazioni. Ci divertiremo”. Nel mirino, attraverso graditissime anticipazioni, il giornalista Francesco Merlo che “ha scambiato Polignano con Putignano e si è inventato la parola innito che non esiste”, il critico cinematografico Paolo Mereghetti che “ha confuso Gianni Schicchi, quello dell’opera di Puccini, con Riccardo Schicchi, quello di Cicciolina” (questa, però, è divertente), ma anche il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che addirittura “ogni dieci righe un errore”, riferendosi ai suoi libri (ma allora questi li ha letti! …o glieli hanno raccontati perché non ha avuto tempo?).

Insomma, parafrasando il suo illustre conterraneo Totò: “Quello che vuoi per me, il doppio lo auguro a te”. Sangiuliano si vuole vendicare platealmente di questo bullismo trasversale da parte di quei compagnucci di classe che gli tirano le palline di carta insalivate e all’occorrenza gli calano i pantaloni davanti alla più bella della scuola (siamo noi, l’Europa, il mondo). Un po’ come ha fatto anche la sua datrice di lavoro, Giorgia Meloni, con il cattivissimo governatore della Campania Vincenzo De Luca in occasione della visita a Caivano (“Sono quella str***a della Meloni”), demistificando la serietà del momento. Penserete: anche Lo Sceriffo non ha avuto parole al miele per la premier in quel fuori onda (sic!) della manifestazione contro l’autonomia differenziata di febbraio 2024. Ma lì, appunto, pare si sia trattato di un momento rubato in cui, piaccia o meno e fuori di ipocrisia, tutti ci lasciamo andare alla mancanza di costumi. Però siamo democratici: non è stato certo carino. Tra l’altro, vecchio vizio di essere sboccati e inopportuni, questi ultimi due episodi ricordano un po’ la barzelletta di Berlusconi su Rosy Bindi raccontata sulle macerie ancora fumanti de L’Aquila rasa al suolo dal terremoto nell’aprile del 2009 (per di più coronata da una bestemmia, alla faccia di chi dice che la cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Parigi sia stata blasfema, “un’offesa ai cristiani”. E sì, il Cavaliere era consapevole di telecamere e telefonini in rec).

Questa gita di seconda media in cui la politica crede di essere sta prendendo una piega interessante e imbarazzante insieme, i giovani direbbero cringe. Sangiuliano ritiene più opportuno rilasciare un’intervista sui suoi piccoli rancori invece di concentrarsi a non fare brutte figure o, meglio ancora, a dare una spiegazione a tutto il comparto dell’audiovisivo sul perché e percome di questa disastrosa riforma del tax credit (protocollata da lui e Giorgetti lo scorso sabato 27 luglio, con quaranta gradi e le ferie alle porte, di salario minimo memoria, 11 agosto 2023) che di fatto taglierà le gambe a 9.000 imprese, 65.000 posti di lavoro cui si sommano i 114.000 nelle filiere connesse. Sangiuliano che, nel suo ego sconfinato, pensa a fregarsi le mani al pensiero che Merlo, Mereghetti e Renzi piangano mordendo il cuscino e facciano ammenda per la loro impudenza, invece che adoperarsi per il futuro di tutti questi lavoratori e delle loro famiglie. Che poi, a proposito, qui si consuma l’ennesima vendetta del ministro: continuando ad attaccare, in risposta a chi lo incalza sulla illiberale riforma, le precedenti commissioni di valutazione della Direzione Generale Cinema che non hanno finanziato il fortunatissimo film di Paola Cortellesi, mentre ora con Francesco Specchia e Gigi Marzullo (secondo le indiscrezioni) nella rinnovata commissione (sempre secondo le indiscrezioni, pagati 40.000 euro a cranio per la loro opera di valutazione, loro come gli altri) tutto sarà diverso: la battaglia contro la “mediocrità” sarà vinta e i rossi finalmente espugnati. Quindi un operato ministeriale, anzi governativo, che si basa sul personalismo e la vendetta. Specchio riflesso!

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