Il candidato più buono del mondo

Il candidato più buono del mondo

Una telefonata nel cuore della notte svegliò improvvisamente la Segretaria.
«Ci siamo» disse una voce maschile dall'altro capo della linea e in pochi minuti una Lancia Delta era diretta verso la storica sezione di via dei Giubbonari.

Buttato un occhio allo specchietto retrovisore, la Segretaria incrociò lo sguardo di Gerardo, l'autista, che con voce sincera ruppe il silenzio. «Sarà la volta buona, compagna?». Gerardo, uomo sulla settantina, oggi in pensione, è sempre stato uno dei fedelissimi del partito, devoto alla causa sin dai tempi di Berlinguer. «Non lo so Gerardo, ma come in passato, serve fiducia», rispose la Segretaria ostentando disinvoltura, mentre l'auto attraversava una deserta Campo de Fiori.

Gerardo aprì la porta della sezione, accese le luci e a colpo sicuro estrasse dalla libreria una copia del "Capitale" di Marx ancora sigillata nel cellophane, dietro al quale si celava un tastierino numerico a nove cifre. Gerardo inserì un codice e la libreria iniziò a scorrere lentamente.

«Da qui in poi non ti posso accompagnare» disse Gerardo indicando una porta alla Segretaria. Dopo aver congedato l'uomo, lei poggiò il viso sul dispositivo del riconoscimento facciale e una volta confermata la sua identità la Segretaria scomparve lentamente attraverso una botola nel pavimento.

Una volta giunta nell’ipogeo della sezione, la Segretaria venne calorosamente accolta dal professor Zimermann.

«Secretaria! Eureka! Eureka! Preco, preco, mi segua! Faccia come se fosse casa sua!» esordì quell'ometto dal volto tutto spigoli incorniciato da una ispida barba grigia. La Segretaria obbedì e seguì l'uomo fino alla zona operativa. Alla vista di tutto quel caos fatto di provette fumanti, marchingegni elettronici di tutti i tipi e centinaia di fogli traboccanti di formule e congetture scientifiche, la Segretaria rimase a bocca aperta.

«Finalmente abbiamo trovato la formula perfetta!» esultò Zimmermann portandosi le mani nei capelli. La Segretaria, senza scomporsi, si accomodò su una sedia e fissò per qualche istante il professore. «Con il dovuto rispetto dottore, non è la prima volta che glielo sento dire» replicò distaccata. «Questa volta però ci siamo! Ho capito l'errore e ho corretto i miei calcoli». Detto ciò Zimmermann saltellò fino a una rudimentale camera iperbarica e cominciò a premere apparentemente alla rinfusa una serie inummerevole di bottoni e interruttori, e infine, con grande cura, mise la mano su una grande leva. «Sono lieto di presentarle il prodigio dell'ultima frontiera della scienza, sono lieto di presentarle il futuro candidato premier del Partito dei Buoni, sono lieto di presentarle... Carmen!». Il professore azionò la leva e dalla camera iperbarica cominciarono a provenire rumori, poi luci e infine grandi sbuffate di fumo bianco. D'un tratto la porta si aprì e poi solo silenzio. La Segretaria lanciò uno sguardo perplesso al dottore che le fece segno di aspettare, poi battè le mani quattro volte e dal buio della camera iperbarica iniziò a delinearsi la silhouette di una figura umana.
La Segretaria strabuzzò gli occhi quando quella creatura finalmente emerse: un essere umano alto circa un metro e ottanta, con lineamenti delicati, capelli castano chiaro impeccabili e un fisico che combinava tratti maschili e femminili. «Forza Carmen, presentati alla secretaria». La creatura spostò il capo in direzione della Segretaria e sorrise amichevole. «Piacere Segretaria, il mio nome è Carmen, l* candidat* più buon* del mondo». La Segretaria si rivolse a Zimmermann: «Ma è un maschio o una femmina?». Carmen sorrise e anticipò il professore: «Maschio e femmina sono concetti superati. Io sono la sintesi.». La Segretaria annuì, sorrise e poi tornò sul dottore: «Come ci è riuscito?». Il dottore prese una mela dal tavolo e cominciò a strofinarsela sul camice. «Carmen è la summa di tutta la tradizione storica del partito. Ha le doti politiche di Enrico Berlinguer,e la tenacia di Nilde Iotti, possiede il coraggio di Ernesto Guevara e la misericordia di Papa Wojtila, l'integrità morale di Pertini e la lungimiranza di Aldo Moro. Forza, provi a metterl* alla prova». La Segretaria si mise di fronte a Carmen. «Vuoi toccarmi il viso, Segretaria?», chiese dolcemente Carmen. La Segretaria sorrise timidamente, poi si sentì prendere i polsi e si ritrovò con le mani sul volto della creatura. «È morbidissimo» disse la Segretaria con un filo di voce, spalancando le labbra sopraffatta dal piacere di quella sensazione tattile.

«Chieda qualcosa a Carmen» disse il professore, interrompendo il lungo silenzio. «Qualcosa?» rispose, ancora sgomenta, la Segretaria. «Qualunque cosa» ribatté Zimmerman, intento a riempire di tabacco il fornello della sua pipa. La Segretaria si morse le labbra, sorrise per un attimo, poi tornò seria. «Carmen, che dovremmo fare per riavvicinare l'elettorato al partito?». «La domanda giusta non è come riavvicinare l'elettorato al partito, ma come riavvicinare il partito all'elettorato», rispose affabile Carmen. «E come si fa?» replicò la Segretaria. Carmen si prese una pausa, poi rispose: «Con la forza della coerenza... Con la forza della coerenza». La Segretaria si voltò verso Zimmerman che, avvolto in una nube di fumo, socchiuse gli occhi soddisfatto. «È incredibile... E se la profezia fosse vera? Se fosse davvero l* candidat* più buon* del mondo? Ma come ci è riuscito?». Il professore riprese una lunga boccata di fumo, poi le si avvicinò. «Non importa come ci sono riuscito. L'importante è che grazie a Carmen sconfiggeremo una volta per tutte le Forze Oscure. Compagna Segretaria, fossi in lei, chiamerei subito i dirigenti del partito e convocherei una conferenza stampa». «Può dirlo forte professore, può dirlo forte.»

Qualche tempo dopo.

La tensione si tagliava col coltello nella sede di Via dei Giubbonari: alle 23 in punto, a reti unificate, avrebbero finalmente reso pubblici i primi exit poll delle elezioni politiche. Il candidato Bruco buttò un occhio all'orologio, poi uno sguardo rapido al candidato Coniglietto, che ancora con un'unghia del pollice in bocca si accingeva a divorare la falange dell'anulare. La Segretaria ostentava calma, ma sapeva bene che se qualcosa quel giorno fosse andato storto i suoi detrattori avrebbero voluto la sua testa su un piatto d'argento l'indomani stesso. Ed eccolo lì, il capo dei detrattori, il candidato Orsacchiotto, mentre tracannava bicchieri di biodinamico rosso e si ingozzava di tartine all'hummus, fantasticando, neanche in maniera troppo celata, sulla sconfitta dell* candidat* più buon* del mondo. Eppure Carmen era seren*, accomodat* sorridente in fondo alla sala, mentre discorreva, facendo pendere dalle sue labbra i candidati Cucciolo e Topolina, che sembravano avere occhi solo per l*i. E come dargli torto: Carmen creava un'aura di autentico benessere intorno a sé, qualcosa di morbido, di pastoso, ma al contempo con quell'autorevolezza capace di muovere l'aria. Sarebbe stat*, oltre che l* candidat* più buon* del mondo, *l* president* più buon* del mondo? I sondaggi pre-elettorali concordavano su un categorico "Sì".

Alle 23 in punto, il silenzio calò nella sala e il grande televisore venne sintonizzato sul settimo canale. Il conduttore della maratona elettorale, rimbalzando una pallina di saliva bianca da un lato all'altro delle labbra, annunciò il primo cartello degli exit poll: Carmen al quarantotto percento!

Un boato fece vibrare le pareti della storica sede di via dei Giubbonari. Carmen sorrise, mentre tutti si accalcavano per abbracciarl* e stringerl*, come se volessero un pezzo di lei. Era un delirio: con un colpo di reni, il candidato Coccolino salì sul tavolo e, dopo aver alzato un pugno chiuso (tramutatosi poco dopo in una sorta di mano mezza aperta e mezza chiusa), intonò prima "Bella Ciao" e poi "Quello che le donne non dicono" di Fiorella Mannoia. Il candidato Coniglietto alzò le mani al cielo: «Le Forze Oscure sono sotto il venti per cento!» Seguì un secondo boato e le porte della sezione si spalancarono. Giornalisti, sostenitori, uomini, donne, fluidi... fu una grande festa che si protrasse fino alle prime luci dell'alba, quando finalmente arrivarono i risultati ufficiali: quella di Carmen era la più grande vittoria di un partito dal dopoguerra a oggi! W Carmen! W *l* President*! W la vita!

Epilogo

«Presidente, ti prego ascoltami, qualunque cosa dovesse accadere, diffida sempre dal Deputato Orsacchiotto». Questo ammonimento della Segretaria risuonava come un tetro mantra nella testa di Carmen. Perché mai? Come è possibile che nel grande Partito dei Buoni, come cantava quel celebre gruppo degli anni '70 il cui nome tanto non andava giù alle Forze Oscure, esistessero ancora "gli odi di partito"? Per quale motivo Carmen non avrebbe dovuto accettare quell'incontro a Palazzo con il suo collega/compagno/amico Orsacchiotto? Amico, sì. Perché Carmen è amic* di tutti e tutti l* amavano. Persino le opposizioni, anche se non pubblicamente, erano concordi sul fatto che president* più buon* di Carmen non potesse esistere in un momento così delicato del Paese.

Giusto il tempo di sorseggiare l'ultimo goccio di tè matcha e qualcuno bussò alla porta del Presidente. La stanza fu subito invasa dal deputato Orsacchiotto, che si lanciò immediatamente in brillanti battute e convenevoli di vario genere, ma poi, una volta accomodatosi, sul suo volto si disegnò un'espressione di straziante malinconia.

«Carmen, io ti devo delle scuse», esordì il deputato. «Non avevo davvero capito con chi avessi a che fare. Ho avuto paura, sì, non lo nascondo. Con il tuo arrivo, temevo che il Partito avrebbe preso l'ennesima sbandata post-ideologica. Mi sbagliavo, e di grosso. Volevo dirtelo di persona». Sul viso di Orsacchiotto si disegnò un sorriso sincero, poi scosse il capo e abbassò lo sguardo, cercando di nascondere un'improvvisa commozione. Carmen lo fissò e si avvicinò al collega. «Deputato, sono io a doverti chiedere scusa. I tuoi dubbi come collega sono il mio fallimento... come amic*». Orsacchiotto alzò lo sguardo e i due si scambiarono un sorriso sincero. Poi Carmen si rimise a sedere e si sporse verso il collega. «Per questo motivo, amico mio, vorrei che tu mi parlassi con sincerità. Tutti ormai mi assecondano. Ho bisogno che qualcuno mi dica come stanno realmente le cose nel paese». Orsacchiotto fece spallucce, ostentando imbarazzo, poi scosse il capo come a sottendere che non ci fosse nulla da dire. Ma Carmen lo incalzò, decis* a scalfire quel fragile muro di diffidenza. «Il fatto è che.. Presidente...», Orsacchiotto si interruppe, poi prese coraggio: «Il fatto è che abbiamo pieno appoggio dal punto di vista politico, ma non abbiamo mai effettivamente testato il tuo gradimento tra la gente.», Carmen aggrottò le sopracciglia «Ma i sondaggi...», Orsacchiotto la interruppe, «I sondaggi valgono quel che valgono, Presidente, lo sai. Io parlo di... qualcosa di diretto, di reale. Qualcosa che attesti in maniera fattuale che le persone sono con te!». «Un referendum...», disse con un filo di voce Carmen. Orsacchiotto annuì compiaciuto «Un referendum».

E così, il dieci agosto dell'anno successivo, il referendum intitolato "Referendum Educativo: introduzione dell'educazione di genere come materia obbligatoria nelle scuole medie e superiori" venne votato solo dal dodici percento degli aventi diritto e, per questo, non passò. Carmen si dimise, causando un rimpasto dell'esecutivo. A ottobre venne annunciato un governo tecnico di larghe intese, appoggiato esternamente dal neo "Partito per l'Italia con Carmen". Alle elezioni anticipate il partito raggiunse il quattro per cento, superando la soglia di sbarramento. Tuttavia, a causa di un paio di franchi tiratori, il gruppo parlamentare si divise e, alle successive elezioni, il partito di Carmen ottenne un deludente due per cento, uscendo di fatto dal radar politico del paese.

Oggi Carmen dirige un quotidiano a tiratura limitata di stampo progressista, è president* onorari* di una fondazione con sede a Civitanova Marche che promuove le interazioni culturali tra l'Italia e i paesi sud balcanici ed è ospite due giorni a settimana di un programma pomeridiano di approfondimento politico sul settimo canale.

Read more