L'inutilità della lotta alla disuguaglianza, da Kamala a Conte
Il coefficiente di Gini degli Stati Uniti (che misura la disuguaglianza economica) è 0,4, un livello che Bernie Sanders definisce "osceno". Bernie, che non si è ancora schierato con Kamala, ha elencato la lotta alla disuguaglianza tra i 4 punti principali del governo che vorrebbe (insieme a cure sanitarie accessibili, alloggi e assistenza all’infanzia a prezzi sostenibili, eliminazione del debito studentesco).
Ma considerate un'altra economia con un Gini di 0,6. Dev'essere terribile, giusto? E se invece vi dicessi che c'è chi venderebbe la propria madre per farne parte?
Il coefficiente di Gini, introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini, è una misura della diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza.
Dall'articolo su Barrons di A. Tabarrok, economista alla George Mason University:
Considerate l'economia con un Gini di 0,6. E se vi dicessi che il salario medio in questa economia è di 3 milioni di dollari e che l'1% più povero guadagna 800.000 dollari?
In questa economia, il coefficiente di Gini è un impressionante 0,60—molto più alto rispetto agli Stati Uniti o a quasi qualsiasi altro paese nel mondo. Vivere in questa economia dev'essere un inferno, giusto? E se vi dicessimo che il salario medio in questa economia è di circa 3 milioni di dollari, il salario mediano vicino a 1 milione di dollari, e il più povero 1% guadagna quasi 800.000 dollari all'anno?
L'economia di cui stiamo parlando è la NFL. Confrontare la disuguaglianza tra paesi con la disuguaglianza all'interno di una lega sportiva è un confronto ingiusto o irrilevante? Non lo crediamo. La disuguaglianza nella NFL può insegnarci molto su cosa significano le statistiche sulla disuguaglianza.
Prima di tutto, la disuguaglianza non significa povertà. Il reddito medio nella NFL è ben al di sopra del reddito medio degli Stati Uniti. Anche il più povero 1% se la cava bene. È un caso speciale? Affatto. Il reddito medio negli Stati Uniti è ben al di sopra del reddito medio mondiale. E mentre il nostro 1% più povero non ha vita facile, la loro situazione appare molto migliore se confrontata con la maggior parte delle persone nel mondo in via di sviluppo.
In secondo luogo, disuguale non significa ingiusto. Gli stipendi nella NFL sono determinati dalle forze di mercato competitive. Jared Goff (Detroit Lions) in cima alla rosa NFL guadagna molto di più di Cameron Sutton (Pittsburgh Steelers), che guadagna il minimo da veterano. Ma Goff non ha rubato la sua posizione a Sutton. Né le ricchezze di Goff derivano dalla povertà di Sutton. Goff non guadagna di più perché Sutton guadagna di meno. Goff guadagna di più perché produce di più.
Le dinamiche in tutta la nostra società sono certamente più complesse, ma l'analogia sportiva illustra un punto cruciale: Quando la disuguaglianza è percepita come il risultato di merito, impegno e creazione di valore—piuttosto che sfruttamento o vantaggio ingiusto—fomenta la collaborazione invece del risentimento.
In un ambiente del genere, le persone vedono i grandi guadagni come modelli da seguire e partner nel successo, non avversari.
L'obiettivo non dovrebbe essere eliminare la disuguaglianza, ma garantire che rifletta la reale creazione di valore in un sistema con ampie opportunità e dignità per tutti. Questo si ottiene al meglio attraverso mercati competitivi. Se lo facciamo, la disuguaglianza si trasforma da forza divisiva a motore di progresso.
Non temete la disuguaglianza. Temete l'ingiustizia. Costruite un sistema giusto e lasciate che il punteggio rifletta la partita.
Perché il discorso sulla disuguaglianza è importante?
Il discorso sulla disuguaglianza viene utilizzato dai nostri politici come cavallo di battaglia elettorale, determinando poi scelte politiche ed economiche. Se il problema della disuguaglianza fosse un falso problema, avremmo un governo che spende soldi e tempo senza risolvere questioni come le basse retribuzioni e la mancanza di lavoro e crescita.
In questa intervista, Giuseppe Conte ci parla dell'obiettivo del Movimento 5 Stelle: indovinate cosa desidera combattere.
In un mondo senza ingiustizie(!), la disuguaglianza diventa un valore e un simbolo di libertà e meritocrazia. Più precisamente, una disuguaglianza dinamica, che vede i singoli nei decenni salire e scendere nella classifica di ricchezza è un segnale positivo. La libertà di chi vuole lavorare tanto per arricchirsi, e di chi non ha voglia, di non arricchirsi. La disuguaglianza diventa un problema quando mancano la libertà e le opportunità.
Per quanto possa sembrare lapalissiano, vale la pena sottolineare che le opportunità sono abbondanti quando tutto il paese e la sua economia crescono: innovazione, istruzione, industria. La decrescita felice, altro cavallo di battaglia del 5 Stelle (e vicino alla Schlein), è una gigantesca buffonata.
Immaginiamoci un Giuseppe Conte, con il suo sorriso beffardo, parlare di lotta alla disuguaglianza, tassando aziende e ceti alti per garantire un maggiore supporto alle classi medio-basse. Si noti bene che con questa riforma il paese non è diventato più produttivo, non abbiamo creato nuovo valore e nuovi beni, ma solo redistribuito. Abbiamo quindi un ceto ricco che supporta maggiormente il resto del paese (non male, fin qui), e un ceto medio-povero-diventato-medio-ricco che riconosce che non è necessario lavorare di più o cambiare lavoro per avere un futuro migliore: basta votare i 5 Stelle. Potremmo anche immaginarci che la popolazione accolga questa riforma con entusiasmo: "Abbiamo eliminato la disuguaglianza!" (semi-cit.).
Ho chiesto a chatGPT di leggere quest'ultimo paragrafo, ed utilizzando il seguente prompt mi risponde in questa maniera:
< Sei un importante economista e accademico di fama mondiale, dimmi che risultato nel medio e lungo periodo una riforma del genere possa avere. Dammi esempi passati di tale riforma applicata in altri paesi nel mondo. >
Una riforma come quella che descrivi, basata su una redistribuzione significativa della ricchezza senza una corrispondente crescita della produttività o creazione di nuovo valore, potrebbe avere conseguenze complesse nel medio-lungo periodo. Per esaminare queste conseguenze, possiamo guardare a esperienze storiche e a teorie economiche consolidate.
1. Effetti sul mercato del lavoro e sulla produttività
Se una parte significativa della popolazione percepisce che non è necessario aumentare la propria produttività o migliorare le proprie competenze per migliorare il proprio tenore di vita, si potrebbe verificare una riduzione dell'incentivo a lavorare di più o a investire in istruzione e formazione. Nel medio-lungo periodo, questo potrebbe portare a una stagnazione economica o a una crescita più lenta, poiché la produttività è un fattore chiave per la crescita economica sostenibile.
Svezia: Un esempio storico può essere trovato in alcune politiche di welfare state eccessivamente generose attuate in vari paesi europei negli anni '70 e '80, come in Svezia. Sebbene inizialmente abbiano ridotto le disuguaglianze, queste politiche hanno anche creato un ambiente in cui l'incentivo a lavorare e a innovare era ridotto, portando a un rallentamento della crescita economica. Questo ha portato, nel tempo, a riforme necessarie per ristabilire un equilibrio tra incentivi e supporto sociale.
2. Sostenibilità fiscale
Un altro punto critico riguarda la sostenibilità fiscale di una riforma che aumenta significativamente la spesa pubblica attraverso trasferimenti sociali senza un corrispondente aumento delle entrate derivanti dalla crescita economica. Se il paese non diventa più produttivo, l'unico modo per mantenere tali livelli di spesa è attraverso un aumento continuo delle tasse o un incremento del debito pubblico.
Grecia - La Grecia pre-crisi finanziaria del 2008 è un esempio di un paese che ha sperimentato gravi problemi di sostenibilità fiscale. Politiche di spesa generosa e un'economia non sufficientemente produttiva hanno contribuito a un aumento insostenibile del debito, portando infine a una crisi economica e a misure di austerità severe imposte dalla comunità internazionale.
3. Erosione della competitività internazionale
La redistribuzione senza un aumento della produttività potrebbe anche ridurre la competitività internazionale del paese. Se le tasse sulle imprese e sulle classi più alte diventano troppo gravose, ciò potrebbe portare a una riduzione degli investimenti privati, sia domestici che esteri, e a una possibile delocalizzazione di aziende verso paesi con regimi fiscali più favorevoli.
Francia - Un esempio rilevante è l'esperienza di Francia sotto la presidenza di François Hollande, che introdusse una "super tassa" del 75% sui redditi più alti. Questa misura, sebbene volta a ridurre la disuguaglianza, ha causato una fuga di capitali e di individui ad alto reddito verso altri paesi europei, riducendo la competitività economica della Francia e portando alla fine a un parziale abbandono della politica.
4. Implicazioni sociali e politiche
Se una larga parte della popolazione percepisce che i propri standard di vita dipendono principalmente dalle politiche redistributive piuttosto che dal proprio impegno e produttività, si potrebbe creare una cultura di dipendenza dallo stato. Questo potrebbe avere effetti negativi sul tessuto sociale e potrebbe anche portare a una polarizzazione politica, con una crescente divisione tra chi sostiene tali politiche e chi le percepisce come ingiuste o dannose per l'economia.
Conclusioni
In sintesi, una riforma come quella descritta potrebbe avere effetti positivi a breve termine in termini di riduzione della disuguaglianza, ma nel medio-lungo periodo potrebbe generare una serie di problemi economici e sociali, tra cui una riduzione della produttività, problemi di sostenibilità fiscale, una perdita di competitività internazionale e potenziali tensioni sociali. La chiave del successo di una politica economica di questo tipo risiede nell'equilibrio tra redistribuzione e incentivazione alla crescita e alla produttività.
Severo ChatGPT.