La patria spiegata a Gigetto

La patria spiegata a Gigetto

È dagli anni ’20 che, sotto il pretesto di riprendere un motto mazziniano, la destra ci tormenta i genitali con lo slogan “Dio, Patria, Famiglia”. E al fin dopo quasi ottant’anni — fatta eccezione per la breve parentesi del governo Tambroni e la partecipazione ai governi Berlusconi — nel 2022 la destra è tornata a essere maggioranza assoluta in Parlamento. Rieccoci costretti a fare i conti con quello slogan idiota, che la Presidente Giorgia Meloni si premura di riportare in auge con orgogliosa puntualità: “Dio, Patria, Famiglia”…

Concedetemi una breve analisi concettuale:

Dio.
Non credo esista. Ma se anche esistesse, non penso si interesserebbe particolarmente alle mosse politiche pensate per compiacerlo.
E poi, teoricamente, lo Stato sarebbe un’entità laica... ma non voglio fare il solito pedante e anaffettivo giacobino della domenica.

Ci piace Dio!
I valori cattolici, quelli che, in altre parole, non prevedono sodomiti e beduini.

Salto un attimo “Patria” e passo direttamente a “Famiglia”.
Elemento fondante della società: un uomo e una donna si uniscono, fanno l’amore, nasce uno o più figli, lavorano, litigano, pagano le bollette, mangiano le Croccole, comprano una o due automobili, guardano la TV, magari rifanno l’amore, la donna stende i panni, l’uomo guarda il posticipo della domenica, pagano il bollo dell’auto, vanno a pranzo da mamma, litigano di nuovo, portano i figli a calcio o a danza, tornano a casa, rimangiano le Croccole e infine, forse, divorziano.
Sostanzialmente, con qualche variazione sul tema, questa è la famiglia. E va benissimo, eh — è un dato di fatto che si manifesta in ogni epoca, sotto ogni bandiera, in ogni angolo del mondo. Nessuna società, davvero, si è mai opposta al concetto di famiglia.
Quindi, ricapitoliamo, alla destra non piacciono: uomini che fanno l’amore con uomini, i beduini e la somma delle due cose. Anche perché due donne che fanno l’amore tutto sommato piacciono a tutti. Niente di nuovo.

Ma arriviamo quindi al punto focale: la Patria!
La Patria… cos’è?
La patria è il paese, la terra o la nazione alla quale un individuo sente di appartenere per nascita, cultura, lingua, storia. È un’idea capace di stimolare un sentimento di appartenenza, di identità collettiva, di lealtà.

Quello che, tra parentesi, avevano i partigiani quando vi hanno preso a calci nel culo durante la guerra, mentre i vostri nonni scappavano frignando sotto la gonna di mamma Germania. Pagliacci.

Chiusa parentesi.

Quindi lo dico, sì, condivido: “W la Patria!
Credo nella nostra storia, credo nei valori della Costituzione, credo nell’indipendenza e nella sovranità ideale delle nostre radici umaniste, illuministe, antifasciste e democratiche.
Ma sì, per la miseria! Ripetiamolo ancora e fino alla nausea: “W la Patria!”.
Che sia l’Italia, che sia l’Europa, che siano le nostre radici eccetera eccetera eccetera… (di fondo potrebbe anche non fregarmene una minchia, ma in effetti non fa una grinza).

E quindi, che ci facciamo con questa benedetta Patria?

Dopo anni di rabbiosa campagna mediatica contro clandestini, borseggiatori, tortellini al pollo e minacce in arrivo “dall’altra parte del mare”, ecco che — proprio da quell’altra parte del mare, quello grande stavolta — arriva finalmente un uomo.
Non con la pelle nera, ma arancione.
E cosa fa? Semplificando: ci dà dei parassiti, ci dice che la pacchia è finita, che dobbiamo baciargli il culo, che massacrerà la nostra economia ecc, ecc...
Insomma, tutte quelle cose che non ti aspetteresti mai da un alleato storico a cui, in effetti, abbiamo sempre baciato le terga con religioso entusiasmo.

E allora ho pensato: cazzo, siamo governati dalle destre!
Quelle col membro turgido, quelle che ancora non hanno digerito quella brutta faccenda del ’43. Quelle che, per Dio, rispondono in coro: difesa dei confini, dell’identità nazionale, dichiarazioni che, dico tra me e me, c’è da scommetterci, faranno titillare quell’atavica voglia di rispondere con un bel sibillino:
“Me ne frego!”

Invece…

Giovanni Donzelli, deputato di FDI


Il vice presidente del Consiglio e Ministro delle infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini.



La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni



Il "perlomenoliberal" TAJANI!



“Altri”


(Luci stroboscopiche, suoni assordanti, salto temporale)


“La favola della buonanotte: io e mio figlio Luigi, detto Gigetto”

-Papà mi racconti una storia?

-Certo, Gigetto, figlio mio ancora non nato…

-E che storia mi racconti?

-Ti racconto la Storia di Sigonella…

-Sigonella era una principessa?

-Sì, Gigetto… sì.

C’era una volta, in un autunno un po’ burrascoso del 1985, una grande nave italiana chiamata Achille Lauro. Navigava tranquilla nelle acque egiziane, piena di passeggeri in vacanza: erano 545, tra cui un signore americano di nome Leon. Ma un giorno, salì a bordo un gruppo di uomini armati, venuti dalla Palestina, e la pace si trasformò in paura.

Quegli uomini sequestrarono la nave e la dirottarono verso la Siria. Purtroppo, durante il tragitto, il signor Leon perse la vita. Ma grazie a una lunga mediazione, la nave poté tornare in Egitto. Lì si cercò un accordo: gli americani volevano che i colpevoli fossero consegnati a loro, ma l’Italia, che aveva un buon rapporto con l’OLP – l’organizzazione che rappresentava i palestinesi – propose che fossero giudicati in tribunale italiano. La legge del mare, in fondo, diceva che la nave era suolo italiano.

Gli Stati Uniti, però, erano molto forti e non erano abituati a farsi dire di no. Così, decisero di prendere in mano la situazione.

Il 10 ottobre, l’Egitto imbarcò i dirottatori su un aereo diretto in Tunisia, dove l’OLP aveva la sua sede. Ma la Tunisia, su pressione americana, non fece atterrare l’aereo. Allora, da lontano nel cielo, ecco arrivare due caccia americani F-14. Intercettarono l’aereo e lo dirottarono verso la Sicilia. Chiesero all’Italia di poter farlo atterrare alla base militare di Sigonella, e il presidente del Consiglio italiano, un uomo di grossa stazza e pochi capelli di nome Bettino Craxi, disse di sì… ma aveva un piano.

Era passata da poco mezzanotte, l’11 ottobre, quando l’aereo atterrò a Sigonella. Ma ad accoglierlo non c’erano solo gli americani: c’erano anche trenta avieri italiani e venti carabinieri, in piedi sulla pista, immobili e determinati.

Appena dopo, a luci spente e senza chiedere il permesso, atterrarono anche due enormi aerei americani pieni di soldati della Delta Force. Si avvicinarono per prendere i prigionieri. I marines americani tirarono fuori le armi e circondarono i militari italiani. Ma poco dopo, ecco arrivare altri carabinieri, chiamati dalle vicine città di Catania e Siracusa. Anche loro circondarono gli americani. Era come un grande cerchio, dentro un altro cerchio, dentro un altro ancora. Tutti in silenzio, con le armi abbassate ma pronte.

Nel cuore della notte, Craxi ordinò all’Ammiraglio Fulvio Martini di prendere in mano la situazione. Gli italiani non si mossero. Volevano che la legge fosse rispettata e che i processi si facessero a casa loro, non secondo i capricci dei potenti alleati.

Persino il presidente americano Reagan, dalla sua grande casa bianca, telefonò a Craxi. Ma Craxi, con fermezza, rispose che i reati erano avvenuti su suolo italiano e che l’Italia avrebbe deciso.

Così, alle 5:30 del mattino, gli americani si ritirarono dalla pista. L’Italia aveva difeso la sua sovranità, senza sparare un solo colpo.

Ma non era finita. L’Italia decise di trasferire l’aereo con i prigionieri a Ciampino, vicino Roma. Per sicurezza, fu scortato da caccia italiani. Ma da una pista secondaria di Sigonella, a luci spente, un F-14 americano decollò e tentò di avvicinarsi all’aereo egiziano. I caccia italiani gli fecero capire che era meglio lasciar perdere. E lui se ne andò.

E ancora, poco prima della mezzanotte, un altro aereo militare americano chiese di atterrare a Ciampino fingendo un’emergenza. Appena toccò terra, si mise di traverso sulla pista, cercando di bloccare i movimenti del Boeing egiziano. Ma l’Ammiraglio Martini gli disse: “Hai cinque minuti per liberare la pista.” Dopo tre, l’aereo americano riaccese i motori e volò via.

-E poi che è successo, papà?

-Niente figlio mio, ma questa favola ci ricorda come a volte, anche un piccolo Paese può dire “no” a uno grande, se sa di avere dalla sua parte il diritto, il coraggio… e una buona dose di fermezza.

-Ma quindi Craxi era un eroe?

-Vabbè, Gigetto, ora non esageriamo. Buonanotte.