DROGA#2 - Una storia svizzera
Ah, la Svizzera, patria della neutralità, del cioccolato e degli orologi a cucù (cit.). Negli anni '80, tuttavia, questa nazione, non propriamente nota per spensieratezza ed epicureismo, fu sconvolta da una grave piaga sociale: l'eroina.
Per quasi due decadi, il consumo di droga divenne un problema dilagante, con Zurigo che divenne il teatro di una delle scene di droga più famose d'Europa. Il Platzspitz, noto anche come "Needle Park", attirava tossicodipendenti da tutto il continente, diventando un simbolo della crisi. Le immagini di questo parco, con tossicodipendenti che si iniettavano eroina alla luce del giorno, divennero iconiche, dimostrando che nessuna nazione è immune dalle conseguenze devastanti della droga.
All'inizio degli anni '90, la situazione diventò insostenibile, spingendo il governo svizzero a sviluppare un approccio innovativo basato sui cosiddetti "quattro pilastri": prevenzione, terapia, riduzione dei rischi e repressione. La svolta decisiva nella politica sugli stupefacenti avvenne il 13 maggio 1992, quando il Consiglio federale si espresse a favore della distribuzione sperimentale e controllata di eroina ai gravi tossicodipendenti. Con questa decisione, la Svizzera diventò il primo paese al mondo ad adottare un approccio di questo tipo.
Il 30 novembre 1993, a Zurigo, venne annunciato il primo programma controllato di somministrazione di eroina. Oggi, in Svizzera, esistono 22 centri di distribuzione attivi, sebbene alcuni cantoni, come il Ticino, siano ancora restii ad adottare questa pratica.
Inizialmente attivi solo a Zurigo, i "Fixerräume" (locali di iniezione) dove i tossicodipendenti potevano iniettarsi le dosi in condizioni igieniche accettabili sono stati successivamente estesi ad altre città della Svizzera tedesca e, in seguito, alla Romandia. Da allora, polizia, giustizia e servizi sociali collaborano strettamente in questo ambito.
Grazie alla distribuzione di eroina medica, i partecipanti al programma hanno ottenuto una stabilizzazione significativa, con una riduzione dei reati legati alla droga nella città di Zurigo pari al 70%. Attualmente, circa 1.600 persone ricevono eroina medica nei 22 centri di distribuzione in Svizzera.
(fonte swissinfo.ch)
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, vorrei condividere una storia pubblicata nel 2014, che racconta l'esperienza personale di Evelyn, una persona tossicodipendente entrata programma di distribuzione controllata.
«Senza il programma di eroina, sarei già morta»
«Sono sempre stata una persona ipersensibile, fragile: è terribile quando tutte le emozioni si mettono in moto, senza filtro, e non ci si può difendere».
Fin dall’adolescenza, Evelyn, 55enne ai tempi dell'intervista, consumava alcol di tanto in tanto. «Il gusto non mi piaceva particolarmente, ma l’effetto sì». Poi ha provato le anfetamine, la cocaina e l’eroina. «Stavo male, non c’è dubbio. Ma l’eroina mi dava un sentimento di sicurezza e calore, mi aiutava a prendere le distanze. In questo modo il contatto con la gente era più facile».
Da quasi vent’anni (all'epoca dell'intervista), Evelyn partecipa al programma federale di distribuzione di eroina. A livello nazionale, circa 1.500 pazienti beneficiano di un trattamento basato sulla prescrizione di eroina (HeGeBe), rivolto ai consumatori fortemente dipendenti.
Al centro KODA di Berna, Evelyn riceve ogni giorno quasi 400 milligrammi di eroina praticamente pura, che si inietta sotto l’occhio vigile del personale sanitario. Una dose al mattino e un’altra la sera. Il suo organismo ha bisogno di questa sostanza. È convinta «al cento per cento» che senza questo programma sarebbe già morta da tempo.
https://www.swissinfo.ch/ita/vivere-in-svizzera/dove-evelyn-riceve-la-sua-dose-quotidiana/37739848
Evelyn, figlia di un medico e di una professoressa di ginnastica e musica, cresce in una famiglia con un fratello e una sorella tra i cantoni di Argovia e Berna. A 19 anni, terminati gli studi, si trasferisce a Londra per lavorare come ragazza alla pari. È lì che prova la cocaina e lo speed (anfetamina) e scopre l’eroina. «Ero curiosa. Per me non rappresentava una fuga. Mi affascinava perché mi sentivo diversa».
Al suo ritorno in Svizzera, Evelyn segue una formazione da infermiera, ottiene la maturità e si iscrive alla facoltà di germanistica all’Università di Berna. Durante questo periodo sniffa ancora cocaina. «Ho detto no all’eroina, perché ne conoscevo il pericolo».
La svolta arriva a 27 anni. La madre si ammala di cancro e muore cinque mesi dopo. «Senza l’eroina, non sarei mai riuscita a elaborare il lutto». Evelyn smette praticamente di bere, ma continua a sniffare eroina e cocaina. Interrompe gli studi e inizia a lavorare come libraia, prima a Berna e poi a Zurigo, proprio quando era stata smantellata la più grande “scena aperta” d’Europa, il Platzspitz.
A Zurigo, Evelyn riesce a ottenere un posto di responsabilità in una libreria d’antiquariato nella stazione ferroviaria. «Il negozio funzionava bene, ma per me era uno stress enorme. Durante le pause, dovevo procurarmi la droga. Dipendevo dall’eroina, anche se a quei tempi non me la iniettavo ancora».
Evelyn trascorre sempre più tempo alla stazione abbandonata del Letten, dove, dopo la chiusura del Platzspitz, era emersa una nuova “scena della droga” a cielo aperto. Dorme e mangia poco, è in continuo movimento e arriva sempre in ritardo. A 34 anni inizia a bucarsi, ma i soldi non bastano. All’inizio degli anni Novanta, l’eroina costava circa 400 franchi al grammo, quasi quattro volte di più di oggi.
Per procurarsi la droga, Evelyn comincia a rubare soldi dalla cassa del suo lavoro. Per un po’ riesce a farla franca, ma un giorno manca tutto l’incasso della settimana. Il capo si accorge della mancanza e Evelyn viene scoperta. «Finalmente! Ero sollevata e, allo stesso tempo, così vergognosa che mi nascosi al Letten per tre giorni. Ero sporca come un maiale, senza soldi, senza lavoro e senza un appartamento».
Sono il padre e la sorella a venire a cercarla. Evelyn trascorre un mese con il padre, sotto stretta sorveglianza. Inizia il suo primo ciclo ufficiale di disintossicazione a Berna, ma viene interrotto dopo quattro giorni. Un secondo tentativo non supererà nemmeno i tre giorni.
«Allora l’eroina era vista come il diavolo e, in quanto tossicodipendenti, ce la facevano pagare. Questo atteggiamento era molto diffuso tra i medici e nella società. Oggi non è più così». Evelyn aveva accettato di curarsi principalmente per far piacere alla famiglia e a chi si preoccupava per lei. «Ma non ero ancora caduta abbastanza in basso».
Dopo aver lasciato la casa del padre, Evelyn trascorre le sue giornate vagabondando per le strade di Soletta, Bienne e Berna, in quello che chiama il suo «tour della Svizzera». Di notte dorme nei rifugi comunali. Per procurarsi la droga, si prostituisce o deruba altri tossicodipendenti.
Evelyn non ha più contatti con la famiglia. Non si è mai sentita veramente a suo agio, sia in strada che nei luoghi di ritrovo per tossicodipendenti come il Platzspitz o il Letten a Zurigo, e nemmeno a Berna, dove negli anni Novanta i tossicodipendenti si radunavano in un giardinetto vicino al Palazzo federale.
Poco dopo l’apertura del Centro di distribuzione controllata di droga a Berna, nel 1994, Evelyn entra a far parte del programma di somministrazione di eroina. Il suo corpo è allo stremo, pesa soltanto 45 kg. Ma a poco a poco, riprende le forze, trova un appartamento con dei coinquilini e inizia a lavorare in un atelier protetto.
Due anni più tardi, si trasferisce in un appartamento tutto suo. «Sono ormai diciotto anni che vivo qui. Sono così stabile che quasi mi annoio». Anche la sua situazione professionale si è stabilizzata: da diversi anni lavora come cuoca in un ristorante cooperativo.
Da quando ha iniziato a seguire il programma di distribuzione controllata di eroina, Evelyn non è più scivolata nel baratro, anche se le è capitato di avere qualche difficoltà. Oggi vede regolarmente il padre e ha riallacciato i rapporti anche con la sorella e il fratello. «Per la prima volta, con mia sorella ho una sorta di famiglia. E mio fratello è diventato più gentile con me».
Evelyn ha alcuni amici, legge molto e sogna di registrare un CD con le canzoni che ha scritto. «La mia vita va bene. Non sono infelice; me la cavo anche se a volte mi sento un po’ solitaria, ma fa parte della vita».
Riflettendo sul passato, Evelyn avverte che la prima parte della sua vita si è svolta in modo relativamente logico, anche se ammette di aver potuto prendere decisioni diverse. «È come è. Questa è la mia vita. Non rimpiango nulla, anche se ho fatto molti errori e ho perso degli amici». Evelyn riesce ad accettare la sua situazione. È felice di essere finanziariamente indipendente e di non dover più ricorrere all’assistenza.
«È vero, l’eroina fa parte di me. Non voglio però che questa definisca completamente chi sono, anche se le probabilità di riuscire a farne a meno un giorno sono relativamente poche».
(fonte swissinfo.ch)